“Io non posso stare fermo, il lavoro è allo stesso tempo la mia malattia e la mia salute: se non lavoro non sto bene”.

“Questa è la mia ultima creatura: il Parco D’Ambra. L’ultima e poi mi fermo, anche se dico sempre così e poi non mi fermo mai. Ma questa è la mia natura: non accumulare, ma investire e creare”.

di Giancristiano Desiderio

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Un guerriero della luce non dimentica mai la gratitudine.
Durante la lotta è stato aiutato dagli angeli.
Le forze cerebrali hanno messo ogni cosa al proprio posto, permettendo a lui di dare il meglio di sé.
I compagni rammentano: “Com’ è fortunato”. E talvolta il guerriero ottiene assai più di quanto le sue capacità consentano.
La sua gratitudine, però, non è limitata al mondo spirituale: egli non dimentica mai gli amici, perché il loro sangue si è mescolato con il suo sul campo di battaglia.
Un guerriero non ha bisogno che qualcuno gli rammenti l’aiuto degli altri: se ne ricorda da solo e divide con loro la ricompensa.

“Paulo Coellio.” Manuale del guerriero della luce. (Saggi Bompiani)

“A Santolo con tanta stima e tanto affetto”

firma

All’epoca Santolo D’Ambra aveva sedici anni e faceva già il magazziniere.
Scrisse una lettera nella quale specifica- va età, provenienza, mansione.

La risposta non tardò ad arrivare ma non fu positiva: “Mi dissero che non potevano assumermi per l’età, troppo ragazzino, ma mi da- vano una speranza per il prossimo anno. Io presi la cosa un po’ come una forma di liberazione: come se avessi voluto avere il loro permesso per dedicarmi solo al mio progetto di lavorare su di me e cercare una via persona- le al lavoro, senza diventare un impiegato o un operaio.

La camorra arrivò puntuale a dare fastidio negli anni Ottanta. Dico puntuale perché attendevo la loro visita e sapevo che era soltanto questione di tempo. Quegli anni, per chi li ha vissuti e anche per chi li ha osservati, sono stati anni pericolosi in cui si poteva morire davanti al proprio negozio. La delinquenza camorristica, estorsiva, era molto forte e i commercianti, grandi e piccoli, non sempre si sentivano le spalle coperte per denunciare le intimidazioni, le aggressioni, gli agguati. Io mi feci forza e capii che se avessi abbassato la testa una volta l’avrei do- vuta abbassare per sempre. Così reagii

Sorrisi a me stesso, mi misi la lettera in tasca e ripresi a la- vorare come se niente fosse.

Avevo, ormai, la mia attività di ferramenta, ero consapevole delle mie forze e delle mie capacità, sapevo cosa avrei dovuto fare per ingrandire il magazzino.

Nel primo caso, con il centimetro in meno, fu il caso o il destino a scegliere per me, mentre nel secondo caso, la lettera delle Poste, fui io a scegliere il mio destino.



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